Le critpovalute sono tassabili? Ecco cos’ha stabilito la legge di bilancio

Le criptovalute hanno guadagnato sempre più popolarità come forma di investimento e di pagamento alternativa alle valute tradizionali. Ma ci si è mai chiesti se queste monete digitali siano soggette a tassazione come i beni e i servizi in denaro contante? La risposta non è così semplice come si potrebbe pensare. Bisogna esaminare attentamente la questione e cercare di capire se le criptovalute siano effettivamente tassabili e quali adempimenti fiscali siano richiesti ai proprietari. Dopotutto, come ben sappiamo, la mancata osservanza delle norme fiscali può comportare sanzioni e multe costose – anche per le criptovalute.

Negli ultimi anni, l’uso e la diffusione delle criptovalute è cresciuta a ritmi vertiginosi. A fronte di questo fenomeno, sempre più persone si chiedono se tali monete digitali siano soggette a tassazione e, se sì, in che modo. La risposta ufficiale arriva dalla Legge di Bilancio, che ha stabilito delle precise regole in materia.

Le criptovalute vengono utilizzate nella vita reale, ecco perché  verranno tassate

La notevole instabilità dei valori delle criptomonete scoraggia l’uso dei medesimi come metodo di pagamento per il consumatore. Anche l’uso al dettaglio risulta difficoltoso a causa del ritardo nel “certificare” le transazioni da parte degli operatori, noti come minatori, che collegano i blocchi di transazioni alla blockchain, o “catena di blocchi”: ogni blocco viene prodotto ogni dieci minuti, un ritmo difficile da conciliare con le necessità di pagamenti immediati.

Tuttavia, vi sono commercianti che ricevono pagamenti in Buitcoin, più per una questione di marketing che per un reale vantaggio, tramite sistemi che consentono la conversione immediata della criptovaluta al tasso stabilito, al fine di evitare rischi derivanti dalle fluttuazioni di mercato.

Criptovalute ammassate sul tavolo
Foto | Fernando Cortes @Canva – cryptohack.it

Si stanno esplorando sistemi di “secondo livello”, come la Lightninig network, per semplificare le transazioni e promuoverne l’uso nella vita quotidiana. Esistono anche in Italia, sportelli automatici specifici che convertono la valuta tradizionale in Bitcoin e viceversa. El Salvador è la prima nazione a riconoscere il bitcoin come moneta legale, seguita dalla Repubblica Centrafricana. Questi sono esperimenti che possono essere seguiti da altre nazioni, ma hanno un valore simbolico per la diffusione delle criptovalute.

In futuro, si potrebbe ipotizzare l’uso delle monete digitali per operazioni di elevato valore, per affari transfrontalieri o per il trasferimento di rimesse transnazionali da migranti, attualmente gravati da commissioni elevate.

Cosa dice il regime fiscale della Legge di Bilancio 2023

Il diritto italiano, attraverso la Legge di Bilancio 2023 (articolo 1, commi 126-147 della Legge 207/2022), ha stabilito chiaramente le regole fiscali riguardanti le criptovalute e altri asset digitali che rientrano sotto la definizione più ampia di cripto-attività.

La crescita esorbitante del volume di transazioni nel campo delle cripto-attività – ovvero “rappresentazioni digitali di valori o diritti suscettibili di essere trasferiti e archiviati elettronicamente, utilizzando la tecnologia del register distribuito o una tecnologia simile”, come specificato nell’art. 3 del Regolamento MiCA (Mercati UE in cripto-attività) – ha portato a riflettere su quale legislazione dovrebbe essere applicata a tali operazioni. In questo contesto, è nata la domanda: le criptovalute sono soggette a tassazione? La nuova struttura fiscale proposta nella Legge di Bilancio 2023 risponde a questa domanda.

Anche nel campo fiscale si è incontrato un problema. In effetti, le attività di cripto-valuta danno luogo a entrate e manifestazioni di capacità fiscale che non erano state specificamente designate da un regime fiscale applicabile attraverso la regolamentazione.

Il primo provvedimento identificato era la risoluzione n. 72/E del 2016 in cui l’Agenzia delle Entrate specificava che per le operazioni con valute virtuali erano da applicare le regole fiscali esistenti relative alle valute straniere (Art. 135, Par. 1, lett. e, della Direttiva 2006/112/CE).

Con l’ascesa delle valute virtuali, sono nate delle complessità che l’Amministrazione finanziaria italiana ha cercato di risolvere mediante un’approfondita analisi interpretativa delle leggi fiscali. Questo sforzo ha portato alla creazione di una previsione made in Italy, che è stata necessaria per affrontare le problematiche emergenti unicamente associate a queste valute. Le norme fiscali sono state estese a diversi tipi di cripto-attività esistenti, malgrado vi fossero delle incertezze in merito a tale applicazione. Le risposte agli interpelli del 28 settembre 2018 n. 14 e del 20 aprile 2020 n. 110 riguardavano in particolare gli utility token.

L’Agenzia delle Entrate, pur fornendo dei chiarimenti, non è riuscita a risolvere completamente i dubbi generati dalla mancanza di un atto normativo appositamente dedicato a questo fenomeno.

Nel 2020, nel frattempo, la Commissione europea ha presentato un insieme di misure relative alla finanza digitale. Tra queste misure, vi era un regolamento chiamato MiCA, dedicato alle cripto-attività.

Il nuovo Regolamento MiCA, rilasciato nel giugno 2023, può essere considerato una delle prime normative globali che si prefigge l’obiettivo di creare un quadro di regole applicabili a tutte le varietà di cripto-attività esistenti sul mercato e ai servizi legati a queste ultime.

La Legge di Bilancio 2023, emanata dal legislatore, ha stabilito un nuovo regime fiscale specifico per la tassazione delle diverse varianti di reddito che scaturiscono dalla detenzione di cripto-attività. Questo regime è effettivo a partire dal primo giorno di gennaio del 2023 e ha reso le cripto-attività una nuova categoria di reddito, denominata “diversi”.

L’attuazione di questa legge è stata realizzata tramite l’introduzione del nuovo inciso c-sexies) del primo comma dell’articolo 67 del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi). Questo distinguibile inciso definisce le cripto-attività come “una manifestazione digitale di valore o diritti che possono essere trasferiti e conservati in modo elettronico, facendo uso di una tecnologia di registro distribuito o una tecnologia simile”. E’ importante sottolineare come questa descrizione corrisponda completamente a quella presente nel nuovo Regolamento MiCA.

Ci sono dubbi tra gli operatori del settore riguardo l’inclusione delle criptovalute nel campo di applicazione del MiCA. Se si considerasse l’idea che le criptovalute siano effettivamente escluse dal MiCA, ne deriverebbe l’esclusione anche delle regole fiscali delineate nell’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies del Tuir, dato che le definizioni di cripto-attività sono coerenti.

Perciò, nella definizione di cripto-attività rientrano quelle rappresentazioni digitali di valore o diritti che non rientrano nella categoria di strumento finanziario (poiché gli strumenti finanziari sono esclusi dal MiCA).

Specificatamente, la categoria fiscale include guadagni e profitti realizzati dalle seguenti operazioni:

  • Uso di criptoattività per l’acquisto di beni o servizi (conosciuti come token di utilità);
  • Uso di una valuta digitale per l’acquisto di un NFT;
  • Conversione di una valuta digitale in Euro o altre valute FIAT;
  • Vendita di NFT già “emessi”.

Invece, i redditi derivanti da cosiddetti token di investimento (o token di sicurezza) che rientrano nell’ambito degli strumenti finanziari delineati da MiFID II non sono inclusi. Questi token dovrebbero essere considerati strumenti finanziari in ogni aspetto, indipendentemente dal fatto che siano digitalizzati o meno.

In conclusione, le attività sottoposte alla nuova normativa includono le tradizionali valute digitali, le stablecoin, i non fungible token (NFT) e i token di utilità, purché queste attività siano state rilasciate, trasferite, registrate e archiviate utilizzando la tecnologia blockchain.

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