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Intelligenza Artificiale

All’intelligenza artificiale serve l’energia nucleare: ecco perché

L’intelligenza artificiale richiede sempre più energia: scopri perché l’energia nucleare potrebbe essere la soluzione ideale

Questa settimana, Sam Altman, CEO di OpenAI, ha condiviso un aggiornamento significativo sulla ricerca legata ai sistemi di intelligenza artificiale. Altman ha previsto che, entro “alcune migliaia di giorni”, potrebbe emergere una superintelligenza capace di superare le capacità mentali umane in quasi ogni ambito.

Anche se non tutti gli esperti credono che ciò sia possibile in un arco di tempo così breve, una cosa è certa: per raggiungere tale obiettivo sarà necessaria una quantità massiccia di energia elettrica. E proprio per questa ragione, molte delle aziende coinvolte nello sviluppo dell’AI stanno rivolgendo la loro attenzione all’energia nucleare, da affiancare alle fonti rinnovabili come il solare e l’eolico.

Perché all’intelligenza artificiale potrebbe servire l’energia nucleare?

La scorsa settimana, Microsoft, uno dei principali partner di OpenAI, ha annunciato un accordo per acquistare energia da uno dei reattori di Three Mile Island, una centrale nucleare in Pennsylvania famosa per un grave incidente negli anni Settanta. L’incidente ha rallentato lo sviluppo delle centrali nucleari negli Stati Uniti, ma oggi la popolazione sembra più favorevole all’energia nucleare.

Microsoft ha siglato un contratto ventennale con Constellation Energy, la società che gestisce l’impianto, per l’acquisto di circa 835 megawatt di energia a partire dal 2028. Anche se questa energia non alimenterà direttamente i data center dell’azienda, sarà utilizzata per compensare l’uso di fonti più inquinanti, aiutando Microsoft a rispettare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas serra.

All’intelligenza artificiale serve l’energia nucleare: ecco perché | Pixabay @da-kuk – Cryptohack

 

L’interesse per l’energia nucleare è crescente tra le aziende tecnologiche come Google e Amazon, tutte impegnate a raggiungere l’obiettivo di emissioni zero entro il 2030. Ridurre le emissioni di anidride carbonica e il loro impatto sull’ambiente è cruciale, soprattutto per soddisfare la crescente domanda di energia dei data center che supportano i sistemi di AI. Si prevede che la domanda di energia crescerà tra il 30% e il 166% entro il 2030, una sfida significativa considerando che i data center statunitensi già consumano il 4% dell’elettricità prodotta nel Paese.

I data center, dove vengono gestiti i sistemi di AI, sono tra i maggiori consumatori di energia. Si stima che assorbano fino al 70% dell’energia impiegata nel settore. La crescita continua delle richieste energetiche renderà necessario un aumento dell’efficienza dei microchip e di altri componenti, ma anche con miglioramenti tecnologici, il consumo di energia rimarrà elevato a causa della diffusione sempre maggiore delle tecnologie di AI.

In questo scenario, l’energia nucleare offre un vantaggio significativo: oltre a produrre poche emissioni, può garantire una fornitura stabile e continua di energia. Solare ed eolico sono ottime alternative dal punto di vista dell’impatto ambientale, ma non possono garantire la stessa stabilità, poiché dipendono dalle condizioni atmosferiche. Per questo motivo, molte aziende stanno considerando il nucleare come una soluzione per affrontare la crescente domanda di energia senza compromettere i propri impegni di sostenibilità.

Amazon, attraverso la sua controllata AWS, ha recentemente acquisito un data center in Pennsylvania collegato a una centrale nucleare. Anche Bill Gates, cofondatore di Microsoft, ha investito circa un miliardo di dollari in TerraPower, una società che sviluppa reattori nucleari di nuova generazione, più semplici da gestire e più sicuri.

Oltre a riutilizzare impianti nucleari esistenti, le aziende tecnologiche stanno valutando la costruzione di nuove centrali. Tuttavia, i tempi di realizzazione di questi impianti potrebbero essere troppo lunghi rispetto alle rapide evoluzioni dei sistemi di AI. Le normative e le consultazioni con le comunità locali possono allungare i tempi, poiché spesso le popolazioni si oppongono alla costruzione di nuove centrali nella propria zona, temendo incidenti.

Una soluzione più immediata potrebbe essere la riattivazione di impianti già esistenti ma inattivi, come nel caso di Three Mile Island. Tuttavia, non tutti i reattori possono essere riattivati e quelli disponibili potrebbero non essere sufficienti a soddisfare la domanda futura. Oltre a Three Mile Island, solo altri due impianti nucleari negli Stati Uniti potrebbero essere riattivati, mentre gli altri sono in fase di smantellamento.

La riapertura del reattore di Three Mile Island richiederà almeno 20 mesi di lavori, principalmente per ripristinare le turbine a vapore e i trasformatori. Una volta operativo, l’impianto richiederà circa 600 persone per la gestione.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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