Arrivare su Marte in metà del tempo? Potrebbe essere possibile grazie a un razzo

Tutto questo grazie alla propulsione termico-nucleare, che può aiutare a superare le enormi distanze dei potenziali viaggi nello spazio

La fantascienza ormai si sta mescolando sempre di più con la realtà. Non parliamo di intelligenza artificiale, ma già questo basterebbe per fare un esempio concreto. Qui si sta parlando di arrivare su Marte in metà del tempo rispetto a quanto ci si impiega oggi. Tutto questo grazie alla propulsione termico-nucleare, che può aiutare a superare le enormi distanze dei potenziali viaggi nello spazio. Un’idea nata già nel 2023 quando, come ha ricordato il Corriere della Sera, c’era stato l’annuncio della collaborazione tra la Nasa e la Darpa (Defense Advanced Research Projects Agency) per sviluppare un missile con queste caratteristiche.

Marte
Marte | pixabay @AlanFrijns

Tutto questo all’interno del progetto soprannominato Draco (Demonstration Rocket for Agile Cislunar Operations). “Anche noi al Georgia Institute of Technology stiamo lavorando al razzo a propulsione nucleare. Il gruppo incaricato sta ottimizzando e migliorando i sistemi, usando la simulazione avanzata ma anche realizzando dei modelli in scala”, ha spiegato Dan Kotlyar, professore associato dell’ateneo di Atlanta.

Il lavoro

Questi sforzi hanno un solo obiettivo: quello di diminuire in maniera drastica i tempi di andata e ritorno per un viaggio su Marte. Con un razzo tradizionale la stima per completare i 228 milioni di chilometri (in media), che separano la Terra dal Pianeta Rosso, va dai sei ai nove mesi. Altrettanti, quindi, ne servono per tornare. Adesso tutto potrebbe cambiare: “Ma con la soluzione termico-nucleare il tempo si ridurrà almeno alla metà. Penso davvero che nel 2027 Nasa e Darpa saranno in grado di presentare un prototipo funzionante. Aggiungo che questa tecnologia potrà essere utilizzata anche per piattaforme manovrabili destinate a proteggere satelliti che orbitano attorno alla Terra”, ha proseguito Kotlyar,

Sempre come riporta il Corriere della Sera, la base del propulsore nucleare è un reattore a fissione, analogo a quello in uso nelle centrali nucleari terrestri: serve per generare temperature estremamente elevate.

Come funziona?

Ma come viene trasferito il calore? Prima viene trasferita a un propellente liquido che si espande, poi espulso attraverso un ugello posto nella parte terminale del razzo. In questo modo, proprio come accade per i velivoli a reazione, la spinta del gas in uscita genera una propulsione in avanti che permette il rapido movimento della navicella. Si sta parlando, in sostanza, di una tecnologia molto importante che in futuro permetterà ai futuri razzi di riuscire a sviluppare un elevato rapporto spinta-peso, di molto superiore a quello prodotto dalla propulsione elettrica.

Razzo
Razzo | pixabay @WikiImages

“La diminuzione del tempo di transito è una componente chiave per le future missioni spaziali: i viaggi più lunghi sono più pericolosi per gli astronauti e richiedono maggiori rifornimenti e sistemi più robusti. Infine, i motori nucleari consentiranno anche una superiore capacità di carico scientifico e una maggiore quantità di energia per la strumentazione di bordo e per quella atta alle comunicazioni”, le parole di Bill Nelson, dal 2021 amministratore della Nasa. Da ricordare che mezzo secolo fa l’ente spaziale statunitense aveva interrotto gli studi sulla propulsione nucleare. Ora la musica è cambiata e c’è sempre tempo per rimediare. Soprattutto se le ambizioni sono grandi.

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