Si allarga il fronte degli scrittori che fanno causa ai giganti tecnologici per presunta violazione del diritto d’autore. Stavolta c’è anche il vincitore del premio Pulitzer Michael Chabon tra gli autori che hanno presentato una class action presso il tribunale federale di San Francisco contro OpenAI, l’azienda madre di ChatGPT.
Ad accusare la società di Sam Altman, oltre all’autore de Le avventure di Kavalier e Sammy Clay, ci sono il drammaturgo David Henry Hwang e gli autori Matthew Klam, Rachel Louise Snyder e Ayelet Waldman.
Chabon figura anche tra i 10mila autori che hanno firmato una lettera aperta ai colossi tecnologici affinché chiedano il consenso a usare le loro opere per addestrare i sistemi di intelligenza artificiale.
Secondo le accuse, il software di IA trae profitto dall’uso “illegale e non autorizzato” dei contenuti editoriali, violando il copyright. In particolare, si sostiene che il sistema può riassumere accuratamente i lavori degli scrittori e generare un testo che imita i loro stili.
La causa punta il dito in particolare contro l’uso illecito, senza consenso, dei testi per addestrare il suo modello di linguaggio: “La violazione del copyright da parte di OpenAI è stata intenzionale e in totale disprezzo dei diritti dei querelanti e dei membri della class action”, si legge. “OpenAI sapeva in ogni momento che i dati utilizzati per addestrare i suoi modelli contenevano contenuti protetti da copyright e che i suoi atti violavano i termini di utilizzo delle opere”.
Oltre a un risarcimento economico dei danni, l’azione legale chiede lo stop alle “pratiche commerciali scorrette” di OpenAI.
OpenAI e le altre società dal canto loro hanno respinto le accuse sostenendo che l’uso dei contenuti disponibili in rete sia lecito.
Pochi giorni fa in un post pubblicato sul blog ufficiale, Brad Smith, il Chief Legal Officer di Microsoft, che ha investito molto in ChatGpt, ha dichiarato che la società si farà carico delle eventuali controversie legali che i clienti potrebbero affrontare a causa dell’uso di servizi di intelligenza artificiale generativa.
Non è la prima che OpenAI finisce nel mirino degli scrittori. Nel luglio scorso, l’autrice Sarah Silverman si è unita agli scrittori Christopher Golden e Richard Kadrey in una causa che accusa OpenAI e Meta di violazione del copyright e prima di loro, in giugno, anche Paul Tremblay e Mona Awad hanno intentato un’azione legale contro i creatori di ChatGPT.
Altri colossi tecnologici che stanno investendo nell’intelligenza artificiale, come Microsoft, Meta Platforms e Stability AI, sono stati citati in giudizio dagli scrittori per uso illecito delle loro opere.
Del resto non è un segreto che Chat GPT utilizzi libri per addestrare il proprio algoritmo. La stessa società ha ammesso di farne uso senza specificare però quali opere. Tra i siti a cui OpenAI avrebbe attinto ci sarebbe BookCorpus e Smashword, entrambe piattaforme di romanzi disponibili gratuitamente, ma anche biblioteche illegali come Genesis, Bibliotik e Z Library. Il tutto senza il consenso degli autori.
Intanto, mentre si moltiplicano le azioni legali degli scrittori contro OpenAI, la sua creatura si espande a vista d’occhio, raggiungendo all’inizio dell’anno 100 milioni di utenti attivi.
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