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Intelligenza Artificiale

Entro il 2030 i rifiuti elettronici potrebbero aumentare di quasi mille volte e la colpa è dell’intelligenza artificiale

Gli Stati Uniti, infatti, rappresentano quasi il 60% dei rifiuti previsti, seguiti da Asia orientale ed Europa. La differenza tra le aree riflette la distribuzione globale delle risorse e dei sistemi avanzati di AI, che sono più diffusi nelle economie più sviluppate

L’intelligenza artificiale è una tecnologia in espansione continua, e se da un lato promette vantaggi in ogni settore, dall’altro pone nuove sfide ambientali. Un recente studio pubblicato su Nature Computational Science mette in luce i potenziali effetti dannosi dell’AI sull’ambiente, calcolando l’incremento dei rifiuti elettronici legati a questo settore entro il 2030. La ricerca, condotta da un team guidato da Peng Wang della Chinese Academy of Sciences, prevede che, senza adeguate misure, l’AI potrebbe generare 5 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici in meno di un decennio, a fronte degli oltre 60 milioni di tonnellate già prodotti ogni anno.

Rifiuti elettronici: una minaccia concreta e crescente

Molti tendono a considerare l’AI come una tecnologia immateriale, priva di un impatto ambientale diretto. Tuttavia, i sistemi di intelligenza artificiale necessitano di infrastrutture fisiche e componenti materiali, che si tramutano inevitabilmente in rifiuti elettronici quando i dispositivi vengono sostituiti o smettono di funzionare. Secondo i ricercatori, gran parte di questi rifiuti proviene dai “large language model” (LLM), ovvero i sistemi AI utilizzati per elaborare testi complessi e rispondere a domande, come ChatGPT e simili.

Immagine | Unsplash @HiteshChoudhary – Cryptohack.it

Gli LLM, e in generale le tecnologie di AI generativa, consumano una grande quantità di risorse e richiedono dispositivi specifici, come i processori avanzati, per eseguire le loro operazioni. Quando queste tecnologie diventano obsolete o vengono aggiornate, i dispositivi che le supportano diventano scarti elettronici. Nel peggiore degli scenari previsti dallo studio, l’aumento dell’uso di AI porterebbe a una produzione di 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici nel solo 2030. Questo volume di scarti, spiegano i ricercatori, sarebbe equivalente a circa 13 miliardi di iPhone.

Chi produce più rifiuti?

Non tutte le aree geografiche contribuiranno allo stesso modo all’incremento dei rifiuti elettronici. Gli Stati Uniti, infatti, rappresentano quasi il 60% dei rifiuti previsti, seguiti da Asia orientale ed Europa. La differenza tra le aree riflette la distribuzione globale delle risorse e dei sistemi avanzati di AI, che sono più diffusi nelle economie più sviluppate. Tuttavia, poiché la digitalizzazione è un fenomeno globale in crescita, la produzione di rifiuti elettronici causata dall’AI è destinata ad aumentare in tutto il mondo.

Azioni preventive

Lo studio invita anche a considerare che ci sono ampi margini di miglioramento per ridurre l’impatto ambientale dell’AI. I ricercatori suggeriscono infatti una serie di azioni per mitigare la produzione di rifiuti elettronici. Tra queste, prolungare la vita dei dispositivi, migliorare la capacità di riciclo e rendere i componenti più efficienti, in particolare i chip. Tali azioni potrebbero ridurre la produzione di rifiuti elettronici dal 16% fino all’86%.

Prolungare l’uso di un dispositivo, invece di sostituirlo frequentemente, potrebbe essere una misura particolarmente efficace. Se, per esempio, si aumentasse la durata media di un chip o di un processore di un paio d’anni, il volume dei rifiuti elettronici diminuirebbe drasticamente. Allo stesso modo, incrementare la capacità di riciclo aiuterebbe a ridurre l’impatto ambientale, permettendo di recuperare materiali preziosi e di ridurre la domanda di risorse nuove.

Un altro aspetto rilevante della ricerca è l’analisi dell’efficienza dei dispositivi. I sistemi di AI, infatti, variano significativamente in termini di efficienza energetica e longevità, e queste differenze influiscono sull’entità dei rifiuti prodotti. Gli studiosi evidenziano che fattori esterni come le condizioni geopolitiche e la disponibilità di materiali, come i superconduttori, potrebbero alterare ulteriormente le previsioni. Una maggiore disponibilità di componenti efficienti potrebbe ridurre il numero di dispositivi necessari e, di conseguenza, la quantità di scarti elettronici.

Andrea Zoccolan

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