Nel mondo degli affari capita spesso di sentir parlare di finanza decentralizzata. C’è chi utilizza il termine completo e chi, invece, il solo acronimo DeFi, ma la sostanza non cambia.
Con queste parole si vuole sempre indicare un sistema aperto, in cui a governare sono gli stessi utenti e investitori, senza la necessaria presenza di intermediari.
Un sistema quindi più rapido ed economico rispetto a quello chiuso che contraddistingue la finanza classica, ma anche ad alto rischio, vista la mancanza di una vera e propria regolamentazione.
Proviamo, allora, a capire meglio di cosa si tratta e come non sia sempre oro tutto ciò che luccica.
La finanza decentralizzata è essenzialmente un’evoluzione del mondo crypto applicata ai servizi finanziari.
A livello internazionale viene spesso indicata con l’acronimo DeFi, il quale riassume i termini inglesi Decentralized Finance, ed è utilizzata per descrivere i servizi nei mercati dei crypto-asset, i quali mirano a replicare alcune funzioni del sistema finanziario tradizionale, ma in maniera decentralizzata.
Ciò è voluto in quanto una rete digitale decentralizzata risulta estremamente capillare e resistente, non offrendo alcun punto di crisi, rispetto a un sistema di finanza classica.
Nel caso in cui uno o più nodi finanziari dovessero disattivarsi, infatti, i nodi superstiti riuscirebbero comunque a reindirizzare la connessione attraverso la rete, semplicemente impiegando altri nodi online.
Nella fase in cui è connesso alla rete, ciascun nodo può comunicare con gli altri attraverso un protocollo specifico, necessario a permettere di realizzare e convalidare sia transazioni che altre tipologie di contratti digitali e finanziari.
Per essere più chiari, la finanza decentralizzata consente agli utenti di effettuare una serie di transazioni direttamente tra di loro e mediante l’utilizzo di reti blockchain, al posto dei tradizionali istituti centralizzati (come le banche, ndr) usati nella finanza classica.
La DeFi permette, quindi, agli utenti stessi di utilizzare delle criptovalute, così da usufruire di servizi comparabili a quelli erogati solitamente dalle banche attraverso monete fisiche.
Il fatto di non dover ricorrere a un intermediario rende queste transazioni finanziarie molto più veloci, convenienti ed efficienti, sebbene sia giusto sottolineare come la DeFi non sia ancora stata regolamentata del tutto.
Oggigiorno, i volumi di valore che vengono scambiati sul mercato attraverso i vari servizi di finanza decentralizzata sono, però, già enormi, tanto che nel 2022 sono stati superati i 200 miliardi di dollari.
I principali servizi finanziari che sono stati disintermediati attraverso la DeFi sono soprattutto quelli di lending (prestatore, ndr), borrowing (mutuatario, ndr), trading, asset management e insurance e prodotti derivati.
Quella che stiamo vivendo può essere considerata, infatti, l’era della disintermediazione finanziaria, con le criptovalute che stanno acquisendo sempre maggiore popolarità e utilizzo.
Ciò non vuol dire, però, che questo sistema sia privo di rischi.
A ricordarlo è l’esperto Roberto Gorini, all’interno del suo libro Crypto Economy.
Qui, l’autore spiega, infatti, come “i protocolli decentralizzati siano di tutti e di nessuno” e di come il DeFi “sia un settore altamente a rischio e non controllato”.
Per questo, Gorini consiglia di prestare sempre molta attenzione “alle truffe e ai protocolli troppo giovani e soggetti ad hackeraggi”.
Il motivo? Lo spiega ancora una volta l’autore di Crypto Economy, il quale afferma che “criptovalute come Bitcoin non siano hackerabili, mentre a esserlo sono i protocolli stessi che utilizzano. Ciò potrebbe portare a perdere tutto”.
Un appunto intelligente quello fatto da Gorini, il quale sottolinea anche come la DeFi sia da considerarsi comunque una forma innovativa di finanza.
A livello pratico, la finanza decentralizzata ha, infatti, ricopiato molti dei servizi già offerti dalla finanza classica, ma è anche riuscita ad aggiungerne di nuovi, grazie alle nuove tecnologie (oggi si può realizzare ciò che ieri era irrealizzabile, ndr).
Queste due forme di finanza, nonostante alcune similitudini, mantengono però delle differenze sostanziali e concrete.
Quali? Innanzitutto, la finanza classica può essere riassunta come un sistema chiuso, governato dalle istituzioni, intermediato, lento e costoso. Un sistema estremamente burocratico e controllato, ma anche tutelato.
La finanza decentralizzata, invece, è un sistema aperto, nel quale a governare sono direttamente gli stessi utenti e investitori. Si tratta di un sistema senza intermediari e, per questo, più veloce ed economico, ma non privo di rischi. Manca, infatti, una regolamentazione definitiva.
Nel febbraio di quest’anno, il Financial Stability Board (FSB) ha pubblicato un rapporto contenente l’elenco dei rischi principali per quanto riguarda la stabilità finanziaria della finanza decentralizzata.
Un report che è stato poi consegnato alla riunione dei Ministri delle Finanze e dei Governatori delle banche centrali del G20, sottolineando come la finanza decentralizzata non differisca sostanzialmente dalla finanza tradizionale per quanto riguarda le funzioni che svolge e il livello di vulnerabilità a cui è esposta.
Ad amplificare l’impatto delle vulnerabilità, quando si concretizzano, è il fatto che i crypto-asset sui quali poggia la maggior parte della finanza decentralizzata non abbiano alcun valore intrinseco e siano altamente volatili.
Un certo livello di preoccupazione per la stabilità finanziaria si genera, quindi, in base alle interconnessioni e ai canali di trasmissione esistenti tra la finanza decentralizzata, quella classica e l’economia reale. Interconnessioni, ad oggi, molto limitate.
Nonostante questo, come detto, esistono però dei rischi.
Quali? Il primo è senza dubbio il rischio di perdite o il blocco dei fondi dal sistema, seguito poi dalla seria minaccia dell’hacking (gli hacker più esperti possono individuare eventuali vulnerabilità ed entrare nel sistema, ndr).
Altro rischio è quello legato a un malfunzionamento del sistema, il quale si può verificare in caso di codici di programmazione errati o bug di vario genere.
Per garantire la totale sicurezza del conto, esso richiede inoltre dei codici unici, da utilizzare quali chiavi private. Ne deriva che, nel caso in cui questi codici venissero persi, si potrebbe riscontrare anche una perdita all’accesso dei fondi.
Ultimo grande rischio da non sottovalutare è la diminuzione del valore degli asset crypto, la quale, se utilizzata originariamente come garanzia, può portare addirittura alla liquidazione della posizione.
Per ogni svantaggio, però, c’è anche un vantaggio. E di vantaggi la DeFi ne ha svariati.
Uno di questi è sicuramente la possibilità di operare in tempo reale. Un altro è quello di riuscire ad aumentare la trasparenza delle transazioni, così come di risparmiare sulle commissioni di transazione e ottenere tassi di interesse più elevati.
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