Il fulcro della controversia riguarda l’accusa di utilizzo non autorizzato di materiale protetto da copyright per l’addestramento dei modelli di IA
Il panorama dell’editoria mondiale sta vivendo una trasformazione radicale, principalmente a causa dell’emergere dell’intelligenza artificiale. Negli ultimi anni, diverse startup hanno tentato di sfruttare i modelli linguistici per generare contenuti automatizzati. Tuttavia, i giganti dell’editoria hanno deciso di alzare la voce contro questa pratica, avviando un’azione legale contro la startup canadese Cohere, valutata circa 4,6 miliardi di euro. Testate prestigiose come Politico, Vox, The Atlantic e The Guardian si sono unite nella battaglia per la protezione dei diritti d’autore.
Il fulcro della controversia riguarda l’accusa di utilizzo non autorizzato di materiale protetto da copyright per l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale di Cohere. Secondo il Wall Street Journal, la causa è stata organizzata dalla News Media Alliance, un’associazione che rappresenta numerosi editori. I punti principali dell’accusa sono:
L’argomento principale della causa è che Cohere non solo utilizza i contenuti creati dai giornalisti senza autorizzazione, ma li manipola, creando notizie errate e potenzialmente dannose per il pubblico. Un caso emblematico citato riguarda un articolo del The Guardian sull’attacco di Hamas. L’intelligenza artificiale di Cohere ha erroneamente mescolato i fatti con una sparatoria avvenuta nel 2020 a Nova Scotia, in Canada, generando confusione.
Danielle Coffey, CEO della News Media Alliance, ha descritto la situazione come un vero e proprio furto. Ha affermato che Cohere “sta utilizzando i nostri contenuti per competere con noi senza autorizzazione e senza compenso”, minando il business che alimenta le loro macchine. Questo mette in luce un problema critico: l’impatto delle tecnologie di intelligenza artificiale sulle industrie creative e sul lavoro dei professionisti del settore.
Gli editori coinvolti nella causa cercano il massimo risarcimento previsto dal Copyright Act, che ammonta a circa 138.000 euro per ogni opera utilizzata impropriamente. Questo risarcimento potrebbe fungere da deterrente per le aziende che utilizzano contenuti protetti senza il dovuto riconoscimento. Tuttavia, l’obiettivo non è solo economico; si mira a stabilire precedenti giuridici per regolare l’uso del giornalismo nell’ambito dell’intelligenza artificiale.
Pam Wasserstein, presidente di Vox Media, ha sottolineato l’importanza di definire regole chiare per l’uso autorizzato dei contenuti giornalistici nel campo dell’AI. Ha dichiarato che è fondamentale avere linee guida per proteggere il lavoro dei giornalisti e garantire un utilizzo etico e responsabile dell’intelligenza artificiale. Questa affermazione riflette un crescente consenso tra gli editori sulla necessità di regolamentare l’uso delle tecnologie AI, non solo per proteggere i diritti d’autore, ma anche per salvaguardare l’integrità del giornalismo.
In risposta alle accuse, Cohere ha dichiarato di sostenere pratiche responsabili per l’addestramento dell’AI e di aver dato priorità a controlli per mitigare il rischio di violazione della proprietà intellettuale. Tuttavia, la posizione di Cohere si scontra con le preoccupazioni degli editori, che vedono la loro attività a rischio in un contesto in cui le AI possono generare contenuti autonomamente.
L’azione legale contro Cohere si inserisce in un dibattito più ampio sui diritti d’autore e l’uso delle tecnologie emergenti nel settore dei media. Negli ultimi anni, il panorama dell’informazione è stato profondamente influenzato dal digitale, rendendo difficile per le aziende editoriali proteggere i propri contenuti e modelli di business. Le piattaforme online e le tecnologie di intelligenza artificiale hanno cambiato il modo in cui le notizie vengono diffuse, ma hanno anche aperto la porta a nuove forme di sfruttamento.
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