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La MIUI cinese blocca Telegram: “App pericolosa”

Da qualche giorno, in Cina gli utenti non possono più accedere a Telegram. Almeno quelli che utilizzano uno smartphone Xiaomi. Infatti, la MIUI blocca l’esecuzione dell’app su territorio cinese dal momento che non avrebbe superato la revisione di sicurezza Xiaomi. In molti si domandano ora le ragioni del blocco, che non risulta attivo per gli utenti del resto del mondo, i quali si servono però della stessa interfaccia.

I problemi sono iniziati lo scorso anno con il rilascio della MIUI 13. Tramite quest’ultimo aggiornamento, Xiaomi ha aggiunto una nuova funzione che intercetta e blocca le applicazioni che potrebbero arrecare danni ai dispositivi o agli utenti. Secondo i parametri della MIUI cinese, Telegram rientra tra queste app ritenute non sicure. Almeno secondo un un sistema di scansione e controllo che ufficialmente preserva la sicurezza, sebbene siano state sollevate diverse perplessità e critiche. Infatti, a detta dei più scettici, il blocco di Telegram si annovererebbe tra i molteplici tentativi da parte del Partito Comunista Cinese di spiare gli utenti e censurare le app.

Le cause del blocco di Telegram

Per gli utenti cinesi non c’è pace. Quando qualcuno tenta di accedere a Telegram da un dispositivo Xiaomi, l’app non viene eseguita. Anzi, sullo schermo appare un messaggio che avverte del “contenuto fraudolento” rilevato sull’applicazione, specificando che “il suo uso potrebbe esporre a rischi” l’utente.

Tutto questo a causa della MIUI 13. Infatti, tramite la nuova funzione, quando la MIUI cinese rileva un’app pericolosa, l’interfaccia prova a rimuoverla dal dispositivo, bloccandone i successivi tentativi di installazione. Più fonti hanno confermato confermano sul territorio cinese la MIUI considera Telegram pericoloso, ma rimane la sensazione diffusa che si tratti di una strategia imposta dal governo cinese a Xiaomi per reprimerne i tentativi di aggirare la censura.

Il MIUI della Cina vuole bandire Telegram | @pexels

Dopo l’iniziale sgomento, molti hanno additato le cause del blocco di Telegram a una possibile collaborazione tra il Partito Comunista Cinese e Xiaomi per monitorare le attività degli utenti e impedire l’uso libero di app che consentono di comunicare ì con il resto del mondo senza vincoli. Infatti, è prassi del Governo cinese segnalare o addirittura censurare le applicazioni non ritenute in linea con la sua rigida politica di controllo. Tuttavia, arrivare a etichettare una popolare app di messaggistica come Telegram come “pericolosa”, sancirebbe un’ennesima spinta verso il controllo degli spazi di comunicazione digitale.

Le implicazioni per gli utenti

Ma cosa comporta agli utenti cinesi il blocco di Telegram? Prima di tutto, il ban imposto dalla MIUI potrebbe limitare la libertà di comunicazione e l’accesso a informazioni non filtrate. Infatti, Telegram è noto per essere una piattaforma di messaggistica sicura e crittografata, tale da riuscire a sfuggire al controllo governativo.

Ma non si tratterebbe del primo caso di censura per l’applicazione di messaggistica. Infatti, lo scorso aprile è toccato anche al Brasile, dove gli utenti hanno avuto l’accesso bloccato per alcuni giorni, a causa di una causa intentata contro Telegram, ritenuta colpevole di non avere divulgato dettagli importanti in merito a chat di gruppi neonazisti. Alla fine, il ban è stato ritirato, ma l’applicazione di messagistica ha dovuto pagare una cospicua sanzione.

Telegram è davvero un’app pericolosa? | @pixaby

Dal canto suo, la Cina ha una lunga storia di censura e controllo delle informazioni. Infatti, è cosa nota come il governo imponga restrizioni o divieti totali su piattaforme e servizi utilizzati su scala globale. È il caso di colossi digitali come Google, Facebook e Twitter, da poco ribattezzato X.

Per questo motivo, la decisione di Xiaomi di segnalare nella nuova interfaccia Telegram come un’app pericolosa potrebbe riflettere la volontà non più nascosta del governo cinese di limitare la libertà di parola e la privacy personale. Per riuscire a capirne di più, occorrerà seguire gli sviluppi della vicenda, per capire se si tratta di un banale errore di sistema o se cela davvero una politica di censura governativa.

Federica Cirone

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