I libri hanno dichiarato guerra all’Intelligenza Artificiale, o almeno quelli pubblicati da uno dei colossi dell’editoria
L’Intelligenza Artificiale sta conquistando praticamente ogni settore della nostra epoca contemporanea. Tuttavia, in alcuni campi sta facendo fatica, soprattutto a causa di una certa resistenza esercitata contro la sua espansione da veri e propri colossi di alcuni settori. Il mondo dell’editoria è una delle principali resistenze all’AI.
Da un lato perché l’editoria si basa sulla creatività e l’inventiva di autori di talento che cercano di dare vita a nuovi mondi con l’unico strumento ammesso: la loro penna. E ci sono case editrici che hanno preso addirittura delle misure drastiche per tagliare fuori ancora di più l’Intelligenza Artificiale dai propri affari. Una di queste case editrici è la Penguin Random House, ovvero il gruppo editoriale nato nel 2013 dall’unione della casa editrice britannica Penguin e la statunitense Random House.
Questa casa editrice è un vero e proprio colosso mondiale e pubblica ogni anno circa 15 mila nuovi titoli tra saggistica e narrativa per adulti e bambini.
La Penguin Random House ha dichiarato guerra all’Intelligenza Artificiale privandola di milioni di dati. In poche parole, il gruppo ha deciso di inserire una clausola in tutti i libri che verranno pubblicati da ora in poi, comprese le ristampe di libri precedentemente pubblicati:
“Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta in alcun modo allo scopo di addestrare tecnologie o sistemi di intelligenza artificiale.”
Con queste semplici due righe la Penguin Random House ha tagliato le game — se così si può dire — all’AI, privandola di tutti i dati testuali provenienti dai libri che pubblicherà in futuro.
Se tutte le case editrici, i gruppi editoriali e le realtà web decidessero di seguire la stessa linea, l’AI verrebbe privata di talmente tanti dati essenziali da perdere gran parte della sua efficacia, specialmente per quanto riguarda le Intelligenze generative come ChatGPT.
L’AI si basa su dati, che poi vengono riformulati secondo algoritmi sofisticati, e non può fare a meno di questi. Ecco quindi che se altri colossi seguissero l’esempio della Penguin Random House sarebbe un grosso problema per lo sviluppo di questa intelligenza tech.
La Penguin Random House è arrivata a prendere questa decisione piuttosto drastica per sostenere la creatività umana e la proprietà intellettuale.
Se da un lato il Gruppo comprende i vantaggi che l’AI può garantire è anche ben consapevole del rischio che rappresenta per un settore decisamente human based come quello dell’editoria.
La casa editrice accetta strumenti di apprendimento automatico per quanto riguarda le previsioni di vendita o la logistica, ma si schiera dalla parte degli autori e decide di tutelare inventiva e copyright quando si tratta di libri da pubblicare.
L’AI rappresenta un rischio per l’editoria da più punti di vista: potrebbe andare e sostituire i correttori di bozze, coloro che si occupano di vendite, marketing e bilanci, potrebbe subentrare nei processi di selezione dei manoscritti (come spesso accade già ora), togliendoci la possibilità di trovare in libreria libri meritevoli, fino a sostituire la penna degli autori. Il valore umano all’interno dell’editoria deve essere preservato, ma se si sta perdendo non è solo colpa dell’AI.
Infatti, già prima che subentrasse il mondo editoriale era diventato macchinoso, asettico, improntato al guadagno, specialmente il mondo editoriale italiano. Perciò bisognerebbe chiedersi se l’AI sia davvero il rischio principale per l’editoria, o se è la direzione che hanno preso le persone che lavorano all’interno del mondo editoriale il vero problema.
Simona Maresca, responsabile di comunicazione di GruppoMeta, ha sottolineato in un’intervista quali siano i vantaggi dell’AI per il settore editoriale, sostenendo una posizione del tutto favorevole alla “contaminazione” da parte dell’AI del mondo editoriale, come alleata fidata invece che come nemica:
“AI e machine learning non servono a sostituire il lavoro dell’editore. Sono strumenti, alleati, utili a ottimizzare tempi e risultati nonché a snellire una mole di attività che, fino a poco tempo fa, richiedevano sacrifici in termini di risorse economiche ed umane. Pensiamo a uno dei tanti algoritmi in grado di elaborare quantità enormi di dati e informazioni in pochi attimi distinguendo la qualità delle reazioni degli utenti e operando come un moderatore virtuale, ad esempio, su un sito web per l’acquisto, la distribuzione e la recensione di libri”
Ha poi proseguito su un terreno difficile, ovvero quello dell’aspetto più creativo del processo di scrittura che invece la Penguin Random House vorrebbe preservare:
L’intelligenza artificiale può e deve essere utilizzata nella realizzazione di prodotti migliori e di qualità più orientati al cliente. In un periodo, quale è il nostro, di eccesso di contenuti, gli editori devono tenere il passo e offrire prodotti sempre più mirati, coinvolgenti, imperdibili.
L’intelligenza artificiale consente di estrarre conoscenza dai testi, analizzare la leggibilità di un contenuto per rispondere ai bisogni concreti degli utenti, sviluppare indici automatici, ma anche supportare gli autori nella fase di scrittura utilizzando editor intelligenti. L’AI ricopre un ruolo centrale anche nella scrittura e nella distribuzione di libri liquidi.
Un libro liquido è un contenuto che può adattarsi a diversi supporti, dal volume cartaceo a vari tipi di dispositivi elettronici e informatici, che può essere arricchito con nuovi contenuti ed elementi multimediali. Si tratta di una modalità esperienziale in cui il lettore può leggere ciò che lo interessa e coinvolge disponendo di libri context aware, ossia sempre adeguati al contesto di utilizzo.’
Conclude ricordando che l’AI serve a personalizzare il risultato e renderlo ancora più mirato per il pubblico a cui ci si vuole rivolgere.
La verità è che la decisione di consentire all’AI di subentrare più abbondantemente nell’editoria spetta solo alle case editrici: solo loro possono scegliere quanto consentire all’AI di spingersi lontano all’interno del loro processo produttivo, di selezione o scrittura, dal momento che non esiste alcune legge che regolamenti quello che può o non può fare all’interno del mercato editoriale. Purché ovviamente non venga leso il diritto d’autore o il copyright a cui i libri sono soggetti.
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