Scopri le nuove regole fiscali sulle criptovalute in Italia: aliquote riviste dal 26% al 33% entro il 2026, equilibrio tra tassazione e competitività
Il regime fiscale sulle criptovalute in Italia subirà modifiche significative a partire dal prossimo anno. Nonostante il testo definitivo della manovra finanziaria non sia ancora stato reso pubblico, Giulio Centemero, deputato della Lega, ha anticipato alcune novità attraverso un post su X, offrendo uno sguardo preliminare su quanto potrebbe cambiare per il settore.
Secondo Centemero, la revisione della tassazione segna un’importante svolta rispetto alla proposta iniziale. La precedente versione della Legge di Bilancio prevedeva un’aliquota del 42% sulle plusvalenze crypto, una misura che aveva sollevato non poche preoccupazioni tra gli addetti ai lavori. Il nuovo impianto, invece, propone una progressione più moderata:
- 2024: L’aliquota sulle plusvalenze derivanti dalla compravendita di cripto-attività rimarrà al 26%, con una no tax area fissata a 2.000 euro. Questo significa che le plusvalenze inferiori a tale soglia continueranno a non essere tassate.
- 2025: La soglia di esenzione sarà eliminata. Ogni plusvalenza generata dal trading di criptovalute sarà soggetta a tassazione, indipendentemente dall’importo.
- 2026: L’aliquota salirà al 33%, un incremento significativo rispetto al 26%, ma comunque inferiore al temuto 42% originario.
Centemero ha spiegato che questa progressione punta a rendere la curva di crescita fiscale meno ripida, garantendo comunque un certo equilibrio tra le esigenze del settore e quelle del sistema fiscale.
Reazioni del settore crypto
Le modifiche proposte hanno generato opinioni contrastanti tra gli esponenti del mondo crypto. Da un lato, c’è stato un apprezzamento per il mantenimento dell’aliquota al 26% nel breve termine; dall’altro, preoccupazione per il futuro aumento al 33%.
Gianluigi Guida, CEO di Binance Italy, ha accolto positivamente la decisione di mantenere l’imposta al 26% per il 2024. In un comunicato, ha dichiarato:
“Accogliamo positivamente la scelta di mantenere l’imposta sulle plusvalenze crypto al 26%. Questa decisione offre stabilità al settore e garantisce opportunità di crescita per l’ecosistema Web3, sempre più orientato verso un’ampia adozione della tecnologia blockchain.”
Tuttavia, Guida ha espresso preoccupazione per l’aumento previsto al 33% nel 2026. Ha sottolineato che tale incremento potrebbe creare una disparità fiscale rispetto ad altre tipologie di investimento, penalizzando la competitività dell’Italia e spingendo professionisti e capitali verso Paesi con politiche più favorevoli.
Simili le osservazioni di Antonello Cugusi, CEO di Coinbar, che ha definito il mantenimento dell’aliquota al 26% un passo avanti importante, frutto del dialogo tra istituzioni e settore. Ha aggiunto:
“Il mantenimento dell’aliquota al 26% per il 2024 è un segnale positivo, risultato di un confronto costruttivo. È un passo importante per valorizzare l’ecosistema delle criptovalute e il suo ruolo nell’economia digitale.”
Tuttavia, anche Cugusi ha espresso riserve sul previsto aumento al 33%, evidenziando il rischio che l’Italia possa diventare meno competitiva rispetto a Paesi come gli Stati Uniti, che stanno adottando politiche fiscali mirate ad attrarre investimenti e promuovere l’innovazione.
Il futuro del settore crypto italiano dipenderà dalla capacità di bilanciare le esigenze fiscali con la necessità di mantenere un ambiente competitivo per gli investimenti. L’adozione di una tassazione più alta senza adeguati incentivi potrebbe compromettere la crescita di un comparto strategico per l’economia digitale.
Inoltre, il contesto internazionale rappresenta una sfida ulteriore. Paesi come gli Stati Uniti o alcuni stati membri dell’Unione Europea stanno implementando politiche fiscali favorevoli per attrarre aziende e capitali legati al settore blockchain. Per l’Italia, adeguarsi a queste tendenze sarà fondamentale per non rimanere indietro.
L’attuale proposta di modifica del regime fiscale sulle criptovalute in Italia rappresenta un compromesso tra l’imposizione fiscale e la necessità di garantire la competitività del settore. Il mantenimento dell’aliquota al 26% nel 2024 è stato accolto positivamente dagli operatori, ma l’aumento al 33% nel 2026 resta un punto critico. Per preservare il ruolo dell’Italia in questo mercato in crescita, sarà fondamentale continuare a lavorare su politiche fiscali equilibrate e stimolanti, capaci di promuovere l’innovazione e attirare investimenti.