25 anni fa Pokémon Rosso e Blu arrivavano in Italia, dando inizio alla rivoluzione del franchise che avrebbe conquistato il mondo
Quando, il 5 ottobre di venticinque anni fa, gli scaffali dei negozi italiani iniziarono a riempirsi delle prime copie di Pokémon Rosso e Pokémon Blu, pochi avrebbero immaginato l’impatto duraturo che questo lancio avrebbe avuto sulla cultura pop. Alcuni lungimiranti avevano intuito il successo straordinario che il gioco aveva riscosso negli Stati Uniti l’anno precedente, dove il merchandise legato al mondo dei Pokémon aveva già incassato numeri impressionanti, soprattutto grazie all’ormai famosissimo gioco di carte.
Tuttavia, la maggior parte del pubblico italiano avrebbe capito solo con il tempo che Pokémon non era un semplice videogioco, ma il primo franchise totale nella storia della cultura pop globale, destinato a cambiare per sempre il modo in cui si concepivano i prodotti di intrattenimento.
Pokémon: il primo franchise globale
Fino ad allora, in Italia come altrove, un prodotto di intrattenimento aveva successo principalmente in un settore specifico. Ad esempio, fenomeni come Star Wars avevano saputo destreggiarsi su più fronti, ma con un fulcro ben definito, ossia i film. Il cinema era il centro nevralgico, e tutto il resto, dai giocattoli ai fumetti, ne era solo un riflesso. Pokémon, invece, avrebbe stravolto questa logica, proponendo un videogioco, un cartone animato, un gioco di carte e persino una serie di film, ciascuno con la propria autonomia e identità, capaci di sostenersi a vicenda ma anche di prosperare indipendentemente. Questo approccio, innovativo e senza precedenti, lo ha reso un fenomeno globale capace di conquistare mercati in tutto il mondo.
Negli anni ‘80 e ‘90, il successo televisivo e quello videoludico erano raramente collegati. I cartoni animati giapponesi come Mazinga o Lupin III non riuscivano a trasformare il loro successo televisivo in grandi trionfi nel mondo dei videogiochi, almeno non a livello globale. Al contrario, saghe videoludiche come Super Mario e Zelda non avevano trasposizioni animate all’altezza del loro successo videoludico, con risultati spesso dimenticabili. Pokémon fu il primo prodotto a integrare in modo efficace vari ambiti, creando quella che viene definita una “tempesta perfetta”.
Come era già successo con i primi prodotti pop giapponesi arrivati in Italia, Pokémon attirò sia un’enorme quantità di fan sia una buona dose di critiche. In particolare, molti adulti dell’epoca erano diffidenti nei confronti del fenomeno Pokémon, temendo che potesse trasmettere messaggi negativi. Negli anni ’70, serie come Goldrake e Ufo Robot erano state accusate di promuovere valori militaristi, e a fine anni ’90 Pikachu e compagnia venivano visti come portatori di un pericoloso consumismo. La Disney, che proprio in quegli anni stava vivendo il suo rinascimento, era percepita come un’alternativa più sicura e familiare per l’intrattenimento dei bambini.
A rafforzare questa diffidenza c’era anche il residuo del famigerato pericolo giallo, una paura generata dalla rapida crescita economica del Giappone negli anni ‘80, che alimentava sospetti su tutto ciò che proveniva dal Giappone. Tuttavia, nonostante le critiche, Pokémon riuscì a conquistare il cuore di milioni di bambini italiani, che trovavano in questo franchise un mondo vasto e appassionante, accessibile a tutti e capace di creare un linguaggio comune tra bambini di tutte le età e generi.
Non tutti gli intellettuali, però, erano ostili al fenomeno. Alcuni difesero Pokémon dalle accuse, come l’intellettuale Alberto Bevilacqua, che in un articolo sul Corriere della Sera del 30 aprile 2000, intitolato “Quella contro i Pokémon è una guerra alla fantasia”, ne difese l’importanza. Queste discussioni si svolgevano lontano dai veri protagonisti di questo fenomeno: i bambini. Pokémon riuscì infatti a creare una passione intergenerazionale che si estendeva dagli scaffali dei supermercati alle edicole, dalle televisioni ai cortili delle scuole, creando un epicentro culturale senza precedenti. Anche istituzioni come l’emittente della Conferenza Episcopale Italiana arrivarono a difendere il fenomeno, in risposta alle accuse di satanismo che erano molto diffuse negli Stati Uniti.
Il 5 ottobre 1999 segnò il D-Day italiano per il lancio di Pokémon Rosso e Blu, e con esso l’inizio della Pokémania. Pokémon Rosso e Blu fanno parte di una ristretta cerchia di videogiochi la cui struttura è familiare a molte più persone di quante effettivamente li abbiano giocati. Nei panni di un giovane allenatore, il giocatore esplora una regione piena di città e campagne, catturando mostri chiamati Pokémon. Il viaggio consiste nel combattere contro altri allenatori, catturare tutti i Pokémon e, infine, diventare il Campione della regione.
La trama dei giochi combina elementi di fantascienza e fantasy, con l’uso di tecnologie avanzate come le Poké Ball e computer, e la presenza di forze elementali e draghi. La forza principale del gioco, però, risiede nel legame che il giocatore instaura con i Pokémon, che non sono solo creature da collezionare, ma veri e propri compagni d’avventura, simili a animali domestici. Questo legame è stato determinante per il successo della saga, rendendo Pokémon un fenomeno di massa anche nei mercati occidentali, dove l’estetica dei Pokémon risultava molto più vicina ai gusti del pubblico rispetto ai mostri di altri giochi giapponesi come Dragon Quest.
L’arrivo di Pokémon in Italia fu parte di una lunga e lenta espansione globale del fenomeno. In Giappone, Pokémon Rosso e Verde erano usciti già nel febbraio 1996, ma solo con la versione Blu, leggermente migliorata, si è raggiunto il mercato internazionale. Quando Pokémon arrivò in Italia, la console su cui girava, il Game Boy, aveva già dieci anni di vita, un’età venerabile nel mondo dei videogiochi. Nonostante ciò, la semplicità e l’immediatezza del gioco permisero al franchise di conquistare immediatamente un vasto pubblico.
Il vero punto di svolta per la Pokémania in Italia arrivò però con la trasmissione del cartone animato su Italia 1 a partire dal 10 gennaio 2000. Da quel momento, il fenomeno Pokémon divenne inarrestabile. Le avventure di Ash Ketchum, il protagonista dell’anime, e del suo inseparabile compagno Pikachu, catturarono l’attenzione di milioni di bambini italiani, che ben presto iniziarono a collezionare carte, giocattoli e tutto ciò che riguardava il mondo Pokémon.
Il cartone animato divenne il veicolo principale attraverso cui la maggior parte del pubblico italiano entrò in contatto con il fenomeno, superando anche il successo del videogioco. Il dibattito mediatico sui Pokémon si intensificò, e nel 2000 il giornalista Loredana Lipperini pubblicò “Generazione Pokémon”, un libro che esplorava l’impatto culturale del franchise in Italia, raccogliendo articoli e opinioni di intellettuali, politici e critici. Questo libro è oggi una testimonianza preziosa di come i Pokémon abbiano segnato un’epoca.
A distanza di venticinque anni dal loro debutto in Italia, i Pokémon rimangono una delle icone culturali più importanti della nostra epoca. Creato dalla piccola casa di sviluppo giapponese Game Freak, il franchise è cresciuto fino a diventare una delle più grandi esportazioni pop del Giappone. Oggi, Pokémon continua a essere un punto di riferimento per milioni di appassionati in tutto il mondo, dai giocatori veterani che sono cresciuti con le prime avventure ai nuovi fan che scoprono il mondo dei Pokémon attraverso le versioni più recenti dei giochi e le nuove stagioni dell’anime.
Il sogno di “acchiapparli tutti” è ancora vivo, e il fascino senza tempo dei Pokémon sembra destinato a continuare per molte generazioni a venire.