Il Ceo di Spotify annuncia: «Non vieteremo la musica creata dall’Intelligenza Artificiale».
Sebbene questa dichiarazione, rilasciata in un’intervista alla BBC non sembri assolutamente un lancio ufficiale, almeno è una dichiarazione di intenti. E questi, come ha già previsto Daniel Ek, saranno un argomento di discussione che terrà banco per “molti, molti anni”.
Spotify è la piattaforma di streaming audio più utilizzata a livello globale, e forse anche il colosso svedese sta cercando di addomesticare l’intelligenza artificiale, piuttosto che temerla e lasciarsi schiacciare da essa.
Nel corso di una intervista rilasciata alla BBC News, l’imprenditore svedese ha infatti dichiarato che i brani creati con l’AI sono legittimi e che troveranno spazio nel catalogo del servizio, purché non violino le norme sul copyright.
Cosa significa questo, in pratica? Che è probabile che a breve, tra i brani suggeriti di Spotify potremo trovare pezzi – oppure chi lo sa, interi album – non ideati dalle menti creative e tecniche umane, ma dall’AI, tramite alcuni degli innumerevoli sistemi e strumenti con i quali la novità del terzo millennio è in grado di ricreare tutto. “Ricreare”, attenzione, o riproporre al massimo, non “creare”.
Secondo Ek, strumenti come l’auto-tune sono accettabili perché possono migliorare un brano (“aiutando” il cantante dove necessario). Non lo sono invece quelli che spudoratamente consentono di copiare il lavoro altrui.
A suo dire, tuttavia, ci possono essere utilizzi validi dell’intelligenza artificiale nella musica, seppure con dei limiti: non bisognerebbe, per esempio, impersonare artisti umani senza il loro consenso.
Qualcosa che è già accaduto: all’inizio di quest’anno, per esempio, ha fatto la sua apparizione un brano chiamato Heart on My Sleeve, cantato dalle voci degli artisti Drake e The Weekend. Peccato che nessuno dei due artisti ne era a conoscenza: la traccia è stata rimossa da Spotify e da altre piattaforme di streaming ad aprile.
Il tema, prevede Ek, sarà al centro del dibattito ancora per «molti, molti anni». Ed infatti le sue parole, insieme alle apparizioni nelle playlist verdi degli ultimi mesi, hanno già scatenato le polemiche di non pochi artisti, in modo analogo a quanto sta accadendo nel mondo dello spettacolo, con gli scioperi di attori, sceneggiatori, doppiatori e compagnia.
Ad esempio, lo scorso mese il musicista irlandese Hozier ha dichiarato che avrebbe preso in considerazione l’idea di scioperare contro l’irruzione nella tecnologia nel suo campo.
Il CEO di Spotify ha però anche parlato di una sorta di zona grigia di difficile manovra, ovvero quella in cui l’intelligenza artificiale viene impiegata per creare musica ispirata a quella di artisti.
Addirittura creatore di Heart on My Sleeve, la versione realizzata con l’AI, chiamato Ghostwriter, avrebbe persino tentato di ottenere una nomination ai Grammy Award per il brano (sebbene la sua richiesta sia stata respinta).
«Puoi immaginare qualcuno che carica una canzone, affermando di essere Madonna, anche se non lo è. Abbiamo visto praticamente di tutto nella storia di Spotify a questo punto, con persone che cercano di ingannare il nostro sistema», ha dichiarato Ek. Per poi rassicurare: «Abbiamo un team molto numeroso che sta lavorando esattamente su questo tipo di problemi».
Allo stesso modo, Ek ricorda alla BBC che sono tantissime le persone (esperti e appassionati) che ritengono che un brano creato con l’AI non sia nemmeno lontanamente paragonabile alla “vera musica umana”, nata da input emotivi e che richiede un’impegno ben diverso.
Lo stesso dibattito riguarda altri campi dell’arte e dell’intrattenimento, dalla scrittura al cinema, dai videogiochi alle arti grafiche. Con ChatGPT si può creare una poesia in pochi secondi spacciandola per propria, con DALL-E invece un “capolavoro” attraverso un semplice testo descrittivo, per non parlare della versione di Photoshop Beta con la vera “bacchetta” magica.
E poi c’è anche un’altra questione, quella della minaccia che avvertono i professionisti provenienti dai più svariati settori, non solo quello musicale: il lavoro “rubato” dall’intelligenza artificiale.
Per quanto riguarda la musica il tema è il seguente: la maggior parte di chi si affida a Spotify e simili distrattamente, per delegare alle piattaforme la scelta della colonna sonora delle proprie giornate, non è in grado di distinguere un brano generato con l’AI da uno composto da un essere umano, e questo è un problema che già in tanti hanno fatto notare.
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