Spotify, il servizio di riproduzione digitale di musica, podcast e video, con accesso immediato a milioni di brani e altri contenuti di autori provenienti da tutto il mondo, è una delle piattaforme più scaricate in tutto il mondo. La troviamo alla posizione numero otto nella classifica dei download più cliccati, solo dopo le app di social network.
Al 30 giugno 2022, Spotify contava 220 milioni di abbonati Premium e 551 milioni di utenti attivi mensili, numeri già da record, ma ieri l’azienda ha condiviso il suo ultimo report sui guadagni.
Con gli ultimi numeri verificati il colosso svedese della musica ha annunciato un aumento rispettivamente del 27% (per gli abbonati Premium) e del 17% (abbonati base) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, superiore alle previsioni pubblicate lo scorso trimestre.
Tuttavia, a fronte di un aumento degli ascoltatori, Spotify ha anche confessato di aver ottenuto in media meno ricavi da ciascuno di essi. Nel comunicato del 25 luglio 2023, Spotify afferma che il suo ricavo medio per utente ammonta attualmente a 4,27 euro, con un calo del 6% rispetto all’anno precedente e una leggera diminuzione rispetto ai 4,32 euro dello scorso trimestre.
Il rapporto condiviso ieri circa l’andamento del secondo trimestre dell’azienda arriva a meno di 24 ore dall’annuncio di un aumento dei prezzi degli abbonamenti alla piattaforma, circa il quale gli iscritti hanno ricevuto una notifica in molti dei Paesi dove opera Spotify, Italia compresa. Ad esempio, se prima un abbonamento mensile italiano veniva a costare 9,99 euro, adesso aumenterà di un euro ogni mese.
La decisione dell’azienda verde e nera si allinea con gli aumenti di prezzo simili stipulati da altre applicazioni di streaming musicale come Apple Music, Amazon Music, Tidal e YouTube Music Premium, ed è chiaramente finalizzato a invertire il calo dei ricavi per utente.
Nel frattempo, questo primo semestre del 2023 ha già visto la società effettuare diversi tagli dopo che l’amministratore delegato Daniel Ek aveva dichiarato “velocità ed efficienza” come le massime priorità dell’azienda per quest’anno. Questi tagli si sono tradotti ad esempio nel licenziamento nel mese di gennaio del 6% della sua forza lavoro globale, pari a circa 600 dipendenti, mentre a giugno ha eliminato altri 200 ruoli dalla sua divisione podcasting.
Nell’ultimo trimestre, quindi il secondo di quest’anno, l’azienda ha registrato una perdita netta di 302 milioni di euro, di fronte ad una di 125 milioni di euro negli stessi tre mesi dell’anno scorso, quindi è più che raddoppiata in soli 12 mesi. Questo non è particolarmente sorprendente né negativo per una società il cui approccio è quello di dare priorità alla crescita a lungo termine rispetto ai profitti trimestrali, ma ovviamente è nelle intenzioni di Spotify limitare queste perdite in futuro.
Il comunicato di cui abbiamo appena elencato i dati registrati e condivisi da Spotify non contiene alcun riferimento all’opzione di streaming HiFi, annunciata due anni fa dall’azienda ma a lungo rimandata.
Spotify HiFi si tratterebbe di un servizio premium con il compito di garantire agli utenti la possibilità di ascoltare i vari brani a una qualità audio mai raggiunta precedentemente.
Recentemente, Bloomberg ha riferito che il servizio potrebbe essere incluso in un livello di abbonamento più costoso, denominato “Supremium“, che potrebbe essere rilasciato inizialmente nei mercati (non statunitensi) nel corso di quest’anno. Si prevede che il tipo di abbonamento che consentirebbe una qualità HiFi, insieme ad altre funzioni sempre più raffinate, potrebbe costare 19,99 dollari al mese per ogni utente.
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