Dopo aver scoperto che i suoi libri sono finiti negli enormi dataset dell’AI, anche il famosissimo scrittore Stephen King ha detto la sua su ChatGPT, Bing, Barn e compagnia.
Con enorme lucidità e ponderata riflessione, King è sicuro delle sue parole: l’AI è uno strumento sicuramente rivoluzionario, ma quando si tratta di sostituire la creatività sembra davvero poco credibile. Per ora.
Lo scrittore reagisce ai suoi romanzi finiti nelle brame dell’AI
In un breve saggio pubblicato da The Atlantic, l’autore di horror di encomiabile successo come IT, Shining, e Misery, ha scritto che non impedirà all’intelligenza artificiale di allenarsi sui suoi libri.
“Non lo farei neanche se potessi” ha scritto King, “perché altrimenti sarei come Canuto il Grande, che voleva impedire alla marea di alzarsi, o come i luddisti che cercarono di arrestare la rivoluzione industriale prendendo a martellate i telai a vapore”.
Parlando con il giornale, Stephen King ha comunque criticato l’utilizzo dei suoi libri per il training di Chatbot che sfruttano l’intelligenza artificiale come quelli di OpenAI, Microsoft, Google e Meta. L’autore è uno dei molti le cui opere sono finite (da sottolineare: senza alcun permesso) nel “calderone” dell’AI, ma sembra essere molto meno preoccupato di diversi suoi colleghi delle implicazioni che ciò potrebbe avere per il suo futuro, e quello di altre penne e creativi.
L’AI, secondo King, è credibile “solo a prima vista”
D’altro canto, Stephen King è una star di fama mondiale le cui opere non solo terrorizzano in modo incredibilmente entusiasmante milioni di lettori, ma hanno anche generato un business milionario, tra trasposizioni cinematografiche e televisive, merchandise e chi più ne ha più ne metta. Difficile dunque che il nuovo strumento riesca a sostituirlo a breve, anche se lo stesso – secondo alcuni – potrebbe non valere per gli scrittori emergenti.
Anche in questo caso, però, Stephen King non è del tutto catastrofista. L’autore, infatti, spiega all’Atlantic di non essere preoccupato soprattutto a causa di un motivo preciso, sintetizzato in un chiaro esempio: ciò che produce l’intelligenza artificiale generativa, secondo lui, è come “il denaro falso usato nei film”, dunque “credibile a prima vista ma non così convincente una volta ispezionato”.
L’esempio tratto dal nuovo romanzo Holly
Per avvalorare ulteriormente questa sua tesi, l’autore racconta di una scena contenuta nel suo ultimo libro, Holly, quello in uscita a settembre.
Ad un certo punto del nuovo horror, un personaggio sopraggiunge alle spalle di un altro e lo uccide con un colpo alla nuca sparato da una piccola pistola. Quando il killer ruota il corpo senza vita della vittima, tuttavia, si accorge che il proiettile non è fuoriuscito ma, invece, ha lasciato un piccolo rigonfiamento sulla fronte, il quale diverrà la sua ossessione.
La trovata, spiega King nel saggio per l’Atlantic, è frutto di “un vero momento creativo”, qualcosa con cui l’AI non può di certo competere. “Deriva dall’essere nella storia e vedere ciò che vede l’assassino. È stata una rivelazione. Una macchina può creare quel rigonfiamento? Direi di no. Ma devo, con riluttanza, aggiungere non ancora“, conclude.