Crypto

Trump lancia una riserva di criptovalute, ma nemmeno la comunità cripto si fida

L’ordine esecutivo di Donald Trump per la creazione della Strategic Bitcoin Reserve ha acceso il dibattito sulle criptovalute

La scorsa settimana, l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha fatto un annuncio che ha catturato l’attenzione della comunità finanziaria globale: ha firmato un ordine esecutivo per istituire la «Strategic Bitcoin Reserve», una riserva nazionale di bitcoin. Questo progetto è stato presentato come una risposta alle crescenti pressioni per rendere gli Stati Uniti un leader nel settore delle criptovalute, un obiettivo che Trump aveva già delineato durante la sua campagna elettorale, in particolare durante una conferenza dedicata al mondo cripto nel luglio scorso. In quell’occasione, il magnate immobiliare aveva promesso di trasformare gli Stati Uniti nella «capitale cripto del mondo».

L’annuncio ha inizialmente suscitato entusiasmo, portando a un rapido aumento delle quotazioni delle criptovalute, culminato in un picco che ha visto il bitcoin superare la soglia dei 100.000 dollari a dicembre. Tuttavia, l’effettiva creazione della riserva nazionale ha avuto un impatto opposto, con il valore del bitcoin che è sceso da 91.000 a 85.000 dollari e continuando a diminuire nei giorni successivi. Questo contraccolpo ha sorpreso molti osservatori e ha sollevato interrogativi sulle reali intenzioni di Trump e sulla sostenibilità del suo progetto.

La natura della riserva di Trump

Uno dei motivi principali di delusione è legato al fatto che la riserva proposta da Trump non comporterà l’acquisto attivo di nuovi bitcoin. Infatti, la riserva sarà composta unicamente da bitcoin già in possesso del Dipartimento del Tesoro, acquisiti attraverso procedimenti penali o civili di confisca. L’imprenditore David Sacks, consulente di Trump per le intelligenze artificiali e le criptovalute, ha difeso questa scelta, evidenziando che non comporterà costi per i contribuenti americani. Tuttavia, il concetto stesso di «riserva» implica un investimento attivo in un bene strategico, mentre ciò che si sta creando è, di fatto, una scorta di bitcoin confiscati.

Questa distinzione tra riserva (reserve) e scorta (stockpile) è cruciale e fondamentale per comprendere le reazioni del mercato. Mentre una riserva implica un attivo impegno a investire in un bene strategico, una scorta si limita a conservare beni già in possesso. L’ordine esecutivo di Trump appare più come una semplice custodia di bitcoin, piuttosto che come una strategia attiva per l’acquisizione e l’incremento del valore della criptovaluta a livello nazionale.

Trump lancia una riserva di criptovalute, ma nemmeno la comunità cripto si fida | pexels – Cryptohack.it

 

Inoltre, l’ordine esecutivo prevede l’inclusione di altre criptovalute, attraverso una “scorta” chiamata «U.S. Digital Asset Stockpile». Sebbene il documento non specifichi quali criptovalute saranno incluse, Trump ha menzionato alcune di esse, come Ether, XRP, Solana e Cardano, in un post sui social. Questo ha generato un’ondata di speculazioni, con molti investitori che si sono chiesti se ci sia stata una connessione tra le scelte di Trump e il rialzo di valore di queste criptovalute. Sacks è stato accusato di conflitti di interesse, essendo un investitore di Solana, ma ha negato di avere legami attivi nel settore al momento dell’annuncio.

Il dibattito sull’inclusione di criptovalute diverse da bitcoin ha anche alimentato tensioni culturali all’interno della comunità cripto. Molti investitori di lungo corso, noti come «massimalisti», vedono bitcoin come l’unica criptovaluta meritevole di attenzione e considerano l’inserimento di altre criptovalute nella riserva come un tradimento dei principi fondanti del movimento cripto. Nic Carter, un imprenditore del settore, ha elencato otto motivi per cui questa riserva sarebbe una «pessima idea», avvertendo che l’inclusione di altre criptovalute potrebbe svalutare bitcoin e farla apparire come un semplice asset tra tanti.

La storica diffidenza nei confronti dei governi da parte della comunità cripto rappresenta un ulteriore fattore di malcontento. Bitcoin è nato nel contesto della crisi finanziaria del 2008, come risposta a un sistema economico percepito come corrotto e inefficace. L’ideologia cripto-anarchica che ha guidato la diffusione delle criptovalute è profondamente radicata nei principi di libertà personale e di riduzione dell’interferenza governativa. L’idea di una riserva nazionale di bitcoin, quindi, non solo contrasta con questi principi, ma rischia di trasformare un asset considerato apolitico in un bene soggetto ai cicli politici di Washington.

In un contesto in cui la comunità cripto si trova a dover navigare tra opportunità e sfide, l’iniziativa di Trump di creare una riserva nazionale di bitcoin potrebbe rivelarsi più un’opportunità sprecata che un passo avanti verso il riconoscimento e l’integrazione delle criptovalute nel sistema finanziario tradizionale. Le reazioni contrastanti all’annuncio di Trump evidenziano le profonde divisioni all’interno del settore e le sfide che la comunità cripto deve affrontare nell’affrontare il delicato equilibrio tra innovazione e regolamentazione governativa.

Redazione

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